Anche le abitudini cambiano. Quelle alimentari poi…
Parte 1
Come si è evoluto il gusto del formaggio negli ultimi venti anni?
La mia forbice di esperienza non è così ampia: cinque anni fa ho iniziato con le prime degustazioni e i primi, seri, concorsi caseari, in Italia e all’estero.
È una domanda che mi pongo da tempo, per questo ogni mia serata si conclude con un piccolo concorso: “Vota il tuo preferito”.
Spesso, sono stata così sorpresa dall’esito del sondaggio da mettere in atto un’idea, maturata nell’intento di fare chiarezza: ho creato una degustazione Sfida all’ultimo cacio, dove ho proposto 6 formaggi in assaggio, piccole porzioni da “mangiare” durante il pre-serata, il momento aperitivo, mentre i partecipanti chiacchierano, ingannando il tempo e spiluccando formaggio.
Una volta seduti, li ho fatti votare i primi tre formaggi preferiti. Poi è partita la vera “degustazione”.
Io sono soprannominata la “Raccontastorie di formaggio”, amo condurre le persone, attraverso le mie parole, nel luogo dove il formaggio è fatto, creare immagini nella loro mente, presentare persone, anche se solo figuratamente.
Alla fine dell’assaggio li ho fatti rivotare. Ognuno affascinato da una storia diversa, ognuno emozionato davanti a suggestioni diverse.
Mai sentito parlare della “Raccontastorie di formaggio”?
Valentina Bergamin, Miglior Assaggiatore d’Italia di Formaggi nel 2019, è Maestro Assaggiatore, consulente lattiero-casearia, selezionatrice, e Maitre Fromager della Guilde Internationale des Fromagers, ma tutti la conoscono come la “Raccontastorie di formaggio”.
È a lei che abbiamo chiesto lumi sulle nuove preferenze dei consumatori.
Buona lettura!

Sono cambiate le carte in tavola; il potere del racconto! Anzi, dovrei dire il potere del sesto senso: quella parte molto intima, così individuale e unica che ci fa propendere per un formaggio piuttosto che per un altro…
Il sesto senso in questi anni non si è spostato, è sempre li, attento e affamato di emozioni.
Quindi, credo che l’evoluzione del gusto del formaggio sia direttamente proporzionale alla crescita degli eventi a tema formaggio, della cultura che si è creata e che ruota attorno al mondo lattiero caseario.
Una volta si mangiava; oggi si assaggia, si degusta, si ascolta.
Questa evoluzione ci ha portato verso due tendenze distinte. Da una parte troviamo i tradizionalisti, che amano il conforto dei formaggi dalla crosta naturale, con forme irregolari, scalzo obliquo e occhi sparsi non uniformemente in pasta; formaggi gialli come il sole che splende, in grado di raccontarti storie di territorio e di persone. La stretta collaborazione tra casaro e natura.
Dall’altra abbiamo gli sperimentatori, affascinati da formaggi creativi e audaci, realizzati con ingredienti extra caseari. I formaggi pensati, razionali, studiati per piacere ed appagare. La loro diffusione ha trasformato la percezione tradizionale del formaggio. Spugnati, imbevuti, immersi o persino “iniettati” con altri ingredienti, questi formaggi risultano curiosi, avventurosi, e talvolta perfino un po’ spavaldi. Formaggi che spopolano anche durante i concorsi caseari e che dividono anche tra i produttori stessi di formaggio. C’è chi li vede raggranellare premi e pensa che questi per loro essenza debbano essere raccolti in una nuova categoria.
Ecco dunque il punto: il cliente si differenzia.
Il tradizionalista sceglierà formaggi fatti di solo latte, caglio e sale, stagionati in grotta o cantina; l’esploratore, invece, sarà attratto dalle novità e si lascerà sedurre dalla creatività. Ma non credo sia una questione di anni.
Non siamo cambiati, siamo diversi. E questa differenza, oggi, abbiamo modo di ascoltarla.
Io ho un’idea ben precisa riguardo a questa dicotomia: un formaggio, attraverso l’assaggio, deve comunicarci la sua storia e le sue origini. Deve farci ascoltare la lattifera che ha donato il latte, percepire la cultura del popolo che lo ha realizzato, e immergerci nel territorio che lo ha generato. Affinamento o farcitura, che ben venga, se è il frutto di un’idea chiara, concreta e rispettosa delle radici del formaggio stesso.
Nulla deve sovrastare questa essenza, piuttosto esaltarla.
Chi è stato più bravo dal punto di vista commerciale e perché?
A livello commerciale, i francesi rimangono imbattibili.
Non è una questione di gusto, ma di abilità nel valorizzare il formaggio, nel raccontarlo e nel farlo percepire come un elemento/alimento culturale di prestigio, senza stravolgere le tradizioni. Come alcune false credenze sul formaggio, anche la loro supremazia nell’arte casearia non è semplice da sradicare, perciò vivono, meritatamente, sull’onda del loro successo.
Noi italiani ci difendiamo molto bene, grazie alla nostra ricca varietà casearia, che comprende eccellenze uniche che nessun’altro riesce ad eguagliare, come le paste filate e i nostri grandi formaggi a pasta dura. Inoltre, la nostra creatività ci permette di sperimentare con ingredienti extra caseari, conquistando anche i palati più curiosi.
Seguono paesi come la Spagna e il Regno Unito, che stanno investendo sempre più nel settore, pur mantenendo un forte legame con le proprie tradizioni.
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