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Intervista a Manuela Vitulli, travel blogger, scrittrice e content creator.

Strumenti veloci per turismi lenti

Negli ultimi anni i social hanno trasformato il modo in cui si raccontano i viaggi.

Qual è, secondo te, la chiave per coinvolgere davvero le persone e ispirarle a partire? E quali sono gli elementi essenziali per creare contenuti che generino engagement nel settore del turismo lento e delle esperienze autentiche?

La chiave è raccontare un viaggio in maniera ingaggiante ma non scontata, portando le community alla scoperta di luoghi ancora poco blasonati o, se già molto battuti, mostrandoli in maniera differente.

 

Sicuramente, nel travel contano moltissimo l’estetica e la cura del contenuto, senza tuttavia romanticizzare o edulcorare la realtà. Come conta tantissimo il valore aggiunto, il quid in più.

Possono i social network essere degli strumenti efficaci per incentivare il turismo, e diventare così un’importante leva anche per la promozione dei territori e delle realtà che si impegnano per valorizzarli?

 

L’abbiamo chiesto a Manuela Vitulli, travel blogger, scrittrice e content creator con ben 169.000 follower.

Buona lettura!

Perché scegliere un luogo piuttosto che un altro? È importante trasmettere questo concetto mostrando quello che fa davvero la differenza: il lato umano, il calore della comunità locale, la potenza della natura…

Tutto quello che rende davvero speciale un luogo e che ci consente di tornare a casa arricchiti.

Il turismo esperienziale e il turismo delle radici puntano sulle emozioni e sulle storie locali. Come si trasforma un’esperienza in un contenuto coinvolgente che catturi l’attenzione online? C’è una destinazione che, secondo te, ha saputo raccontarsi sui social in maniera esemplare?

In un periodo in cui si parla solo di turismo esperienziale (anche quando l’esperienza viene meno) è fondamentale riuscire a trasferire davvero le emozioni e le storie locali. Come? Con brevi interviste che mettono al centro i protagonisti dell’esperienza, ad esempio. Con brevi interviste che lasciano trapelare la commozione e l’entusiasmo di chi, dopo tanti anni, riesce a riscoprire i luoghi d’origine delle proprie famiglie.

Tra le destinazioni che hanno saputo raccontarsi in maniera esemplare – e non lo dico per piaggeria o senso di appartenenza – c’è sicuramente la Puglia, che negli ultimi dodici anni ha fatto un lavoro di branding eccezionale, puntando proprio sulle esperienze e sui suoi punti di forza: le feste patronali e gli eventi, la musica, il cibo, il calore della gente. Poi sono arrivati i grandi festival, le masserie e i trulli ristrutturati con tanto di piscina, ma tutto è partito dalle peculiarità più semplici e ancestrali della regione.

A livello internazionale, mi piace molto la strategia che ha adottato il Giappone che, negli ultimi anni, per contrastare l’overtourism, sta puntando sempre più al racconto di mete più defilate, ma altrettanto meravigliose.

Quanto conta il formato dei contenuti (foto, video, stories, reel, podcast) nella promozione turistica? Quali funzionano meglio per il turismo lento e autentico, e quali sono gli errori più comuni che enti del turismo e destinazioni commettono nella comunicazione sui social?

Il formato è importantissimo, ma a mio avviso non esiste un formato che funziona meglio rispetto all’altro. Importante è come si utilizza quel formato. Per il turismo lento e autentico io prediligo post carosello e reel aesthetic o, in generale, video che lascino trasparire la sensazione di lentezza e “godimento” del viaggio.

 

A mio avviso, un errore comune che enti del turismo e destinazioni spesso commettono è sottovalutare l’importanza del blog, che ancora oggi gioca un ruolo fondamentale. Gli articoli dei blog sono il contenuto più completo che un blogger/creator possa fornire al suo pubblico, ma soprattutto rappresentano un contenuto con una lunga vita, che non si esaurisce nel giro di pochi giorni o poche settimane.

 

Un altro errore che vedo spesso commettere è la selezione approssimativa dei talent da coinvolgere in una campagna promozionale. Affinché una strategia possa dare i suoi frutti è fondamentale non scegliere i talent (che possono essere anche celebrities, oltre che content creator) solo in base ai numeri, bensì in base allo stile narrativo e al target di riferimento. Per capire, quindi, se un profilo è coerente e in linea con la destinazione e i suoi valori consiglio di seguirlo per un po’, imparando a conoscerlo. Questo servirà anche, in un secondo momento, a mettere a punto un itinerario e una strategia costruita ad hoc per quel talent, su misura e non forzata. Vi assicuro che il pubblico riesce a percepire quando un viaggio è davvero nelle corde del talent.

Come vedi il futuro del travel storytelling? Pensi che ci sarà un’evoluzione nei formati o nei linguaggi?

Assolutamente sì.

L’evoluzione nello storytelling è continua e più passa il tempo e più i formati e i linguaggi s’innovano. Importante è innovarsi e stare al passo senza però cedere ai trend e alle mode del momento.

Rimanendo sempre fedeli a sé stessi e ai propri valori. È questo che farà la differenza in un mondo sempre più influenzato dall’intelligenza artificiale.

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