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Intervista a Giovanna Brambilla, esperta in educazione al patrimonio culturale, progettazione territoriale e welfare culturale

L’arte di comunicare l’arte, nell’era digitale

Parte 1

Quando si parla di accessibilità nel turismo e nella cultura, spesso si pensa solo alle barriere architettoniche.

Quali sono invece le sfide meno evidenti, ma altrettanto cruciali, per rendere davvero inclusivo un territorio o un’istituzione culturale?

La domanda tocca molti temi, ovvero turismo, musei, territorio e cultura, ma li si potrebbe accorpare in un unico grande insieme: accessibilità per tutti, senza fare distinzione tra territorio e istituzione, comunità locali e turisti. Mi spiego meglio.
Accessibilità è un termine “divisivo”, nel senso che viene usata molto, e spesso a sproposito, in due varianti: accessibile “per”, seguito da un elenco più o meno lungo (persone con disabilità, non vedenti, ecc.) o accessibile e basta.
Quando si pensa al nostro patrimonio è necessario pensare che, in una logica di uguaglianza, si deve cercare di rendere tutto accessibile a tutti, uscendo dalla logica dell’abilismo, che fa di una persona normodotata il metro di giudizio di ogni azione e fruizione, considerando ogni “concessione” fatta a chi fa fatica ad accedere al patrimonio quasi come fosse una grazia benevola e non il rispetto di un diritto.

 

L’accessibilità fisica è solo la punta dell’iceberg: c’è l’accessibilità sensoriale, che rende possibile godere di un museo, ma anche di una passeggiata, coinvolgendo la vista, l’udito, il tatto, e compensando ove ci siano dei deficit.
C’è poi l’accessibilità linguistica e comunicativa, che non è solo la traduzione in altre lingue, ma anche la messa a disposizione di strumenti, come la Comunicazione aumentativa alternativa, per chi ha difficoltà comunicative.

Comunicare è un’azione connaturata all’essere umano. Comunicare efficacemente è uno degli obiettivi di chi fa il nostro lavoro. Comunicare efficacemente il valore di territori, tradizioni e culture è una vera e propria missione, la sua.

 

Giovanna Brambilla, Storica dell’arte, esperta in educazione al patrimonio culturale, progettazione territoriale e welfare culturale, socia di ICOM-International Council of Museum e membro della Knowledge Community di CCW-Cultural Welfare Center di Torino, ha fatto di questa passione per il mondo che la circonda la sua professione e la sua arte.

Nella prima parte della nostra intervista ci parla di accessibilità e audience development nell’ambito della comunicazione culturale

Molto sottovalutata è l’accessibilità digitale: si dà per scontato che tutti abbiano uno smartphone, e che chiunque ne abbia uno sia felice di accedere ai contenuti esplicativi tramite Qrcode.
Non è così. Rispetto a un libretto cartaceo, gli apparati scaricabili con Qrcode spesso perdono a tavolino. Perché capita di avere la batteria quasi scarica, di non avere giga illimitati, di volersi staccare per un attimo dai propri device oppure di non essere in grado di compiere l’operazione.

 

Infine, l’accessibilità sociale: si ignora spesso quanto le barriere sociali, economiche e culturali impediscano la piena partecipazione delle persone alla vita comunitaria.
Qui si va a toccare la garanzia di pari opportunità nell’istruzione, nel lavoro, nell’accesso ai servizi e alla cultura, nell’adattamento dei servizi alle diverse esigenze.

L’audience development è sempre più centrale nella gestione culturale. Quali sono gli strumenti più efficaci per coinvolgere nuovi pubblici e rendere la cultura un’esperienza più partecipativa?

Per rispondere a questa domanda è importante partire da un’analisi di contesto: nella literacy il 35% degli adulti italiani rientra nella categoria degli analfabeti funzionali (la media OCSE è del 26%). Questo significa che 1 italiano su 3 è in grado di leggere e scrivere, ma ha difficoltà a comprendere e fare uso delle informazioni. Fare della cultura un’esperienza più partecipativa, quindi, significa innanzitutto chiedersi come rendere le persone consapevoli dell’importanza della cultura.

L’audience development può portare interesse per esperienze culturali dove ci sia già una base su cui farle attecchire, ma credo sia necessario un passo indietro prima, per potenziare la scuola, coinvolgere i genitori nel sollecitare i figli e le figlie alla lettura. È importante che territori e istituzioni lavorino per rendere sempre meno complesso l’attraversamento della soglia dei musei, che vadano a presentarsi a chi non li considera come un’opzione, e accompagnino alla visita. Il museo “è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società” (International Council of Museums), e la società è composta anche, e soprattutto, da chi non va nei musei.

Secondo l’Istat (2021), la visita al museo non è un’abitudine per gli italiani, e l’Italia è il fanalino di coda nella classifica dei Paesi europei per partecipazione culturale. Ci vantiamo di avere il più grande patrimonio ma questa consapevolezza non si unisce alla sua fruizione. Cosa fare? Partire dal basso. Affiancare allo studio sempre più risicato di Storia dell’Arte delle uscite sul territorio, coniugando arte e paesaggio, nell’idea della natura come servizio ecosistemico culturale. Poi si può lavorare all’interno delle aziende o delle PMI, creando occasioni di incontro con quanto il territorio può offrire. Inoltre, si possono attivare progetti di coinvolgimento come quelli legati alla narrazione, che è uno strumento di comprensione e di identificazione di sé stessi con il patrimonio culturale.

Nel contesto attuale, i luoghi di cultura possono anche proporsi come esperienze aggregative e piacevoli e attivare percorsi rivolti a specifici target, attività di slow looking o di visite comode. Un ruolo non indifferente lo stanno svolgendo la tessera di Abbonamento Musei e i numerosi Comuni che con i fondi del PNRR hanno attivato progettualità per mettere in collegamento la promozione del proprio territorio con il sostegno a nuove modalità di fruizione che coinvolgano i non pubblici.

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To be continued…

A breve sarà disponibile su Storyboard la seconda parte dell’intervista a Giovanna Brambilla.

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